Il Corriere ha aperto le danze e oggi dedica il titolo di apertura al «litigio» sul bilancio del (e nel) Pd.

L'articolo muove dal solito retroscena (ricordate? L'invito era a non sollecitarne più…) e da un confronto tra il nuovo e il vecchio tesoriere del Pd.

Pur sentendomi come Hole, mi è stato chiesto un mio parere, che vi riassumo così:

Da tempo abbiamo chiesto e provocato una discussione in merito: trovate qui la lettera aperta al precedente tesoriere, che va benissimo anche per il nuovo.

In particolare, chiediamo chiarezza su tutto il bilancio del Pd, non solo su quello nazionale, ma anche su quello decentrato, per capire come e dove sono spese le risorse e per avere un'analisi complessiva della situazione a tutti i livelli.

In secondo luogo, abbiamo chiesto che tutte le fondazioni che gravitano intorno al Pd si attengano alle stesse regole di bilancio del partito, soprattutto quando riguardano personalità di primo piano (a cominciare dal segretario nazionale, per intenderci, perché la trasparenza ci vuole dappertutto, non solo quando si parla di quello che fanno gli altri). Ovviamente, l'auspicio è che l'attuale situazione sia superata e che quantomeno dalle fondazioni si passi a qualcosa di molto più trasparente e di più rigoroso, con una scelta di uno strumento più consono allo Statuto del Pd e meno opaco.

Da ultimo, abbiamo dimostrato più e più volte che girano troppi soldi intorno alla politica e che si può fare una campagna nazionale spendendo molto poco, rendicontando le spese e raccogliendo i fondi «a progetto», per campagne e iniziative politiche ben precise, che abbiano finalità dichiarate e che siano comprensibili e tracciabili. In tempi di marketting (dalla legge di stabilità al Salva Roma) è ancora più urgente.

In generale, però, così ho dichiarato al Corriere, a me fa piacerissimo discuterne sui giornali ma – come già per il mitico Job Act, ovvero il piano per il lavoro che tutti hanno già commentato, discusso e addirittura criticato senza conoscerlo – vorrei che ne discutessimo con calma, con i dati e con le proporzioni, nelle sedi più opportune. Che evitassimo il continuismo e il «si è sempre fatto così» ma anche la demagogia che già abbiamo visto all'opera nella lunga discussione dell'abolizione (che non è un'abolizione) del finanziamento pubblico ai partiti. E che la cosa più urgente da fare e togliere il finanziamento dei parlamentari al Pd, che consentirebbe, come ho spiegato, di dimezzare il nostro compenso (che è già quasi dimezzato, ma i cittadini non lo sanno o non lo capiscono).

E fossi stato segretario in direzione l'ex tesoriere l'avrei voluto, per avere l'occasione di un confronto maturo e serio, come si conviene a un grande partito.

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