Mi aspettavo un nuovo tormentone dell'estate e puntuale, questa mattina, è arrivato.

La sintesi è la seguente: il pericolo Troika non è scongiurato.

Ora, abbiamo capito che la linea sul governo non cambia nemmeno se arrivano gli alieni (anzi, se arrivassero, con il culo che abbiamo, sarebbero governisti), ma chiederei uno sforzo di creatività maggiore nella scelta degli argomenti.

Perché la Troika è già dentro di noi, da anni, anche dall'ultimo Berlusconi del 2010-2011, all'epoca di Ruby e della responsabilità versione Scilipoti.

Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, secondo la Troika, pareggio di bilancio in Costituzione compreso.

Abbiamo chiesto sacrifici agli italiani con tutta probabilità più di quanto potessero sopportare.

Abbiamo minimizzato il dibattito politico, scelto Monti come faro e, una volta spento il faro, abbiamo acceso un altro lampione, quello delle larghe intese che da tecniche sono diventate politicissime.

Per via della Troika, non si può dimettere un ministro dell'Interno sfiduciato da tutta l'opinione pubblica ma non dal Parlamento. Non si può nemmeno commentare una sentenza per frode fiscale che riguarda il nostro principale alleato. Non si possono comprare meno cacciabombardieri, non si può dire che togliere l'Imu ai benestanti o a chi la può pagare è una follia.

La Troika c'è già, è dentro di noi. A volte la richiamiamo come se fosse un fatto esterno, una necessità che subiamo, ma noi siamo già in queste condizioni, e non lo siamo da ora.

I cittadini non capiscono, ma noi rispondiamo che i cittadini non sono tenuti a capire. L'importante è che capiamo noi.

E che passiamo sopra anche alle vicende che riguardano quella persona che la Troika ci chiese di sostituire.

Se ci sono cose radicali da fare, facciamole. Troviamo il coraggio di affrontare l'emergenza non con decreti-omnibus-con-la-fiducia, che lasciano abbondantemente il tempo che trovano.

Facciamo la legge elettorale.

Stabiliamo che abbassiamo le tasse sul lavoro e non sul patrimonio.

Orientiamo gli investimenti verso qualcosa di nuovo, rispetto alle solite opere e alle solite omissioni.

Troviamo le parole. Anzi, troviamo altre parole. Perché se è vero che tutto è necessario, noi non serviamo a nulla. E mi pare che se ne siano accorti in parecchi, già a febbraio.

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