Il Pd non commenta le sentenze, il Pdl sì.

Alcuni esponenti del Pd si adombrano, preoccupati per il destino di Berlusconi e del governo, che sono strettamente collegati nelle larghe intese.

Altri hanno toni da collegio della difesa: la questione giudiziaria non c’entra con la questione politica. Punto. Anche se, ovviamente, non è vero, da nessun punto di vista.

Altri ancora minimizzano, cambiano discorso, si augurano che l’incontro del martedì (il Ruby Tuesday) tra Berlusconi e Letta a Palazzo Chigi contribuisca a chiarire le cose.

Altri, infine, si rammaricano: se finisce così, non potremo battere Berlusconi politicamente. Saremo frustrati in questa ambizione, e quasi quasi ci dispiace (si ricorda, per altro, che Prodi ha battuto politicamente Berlusconi due volte, quindi è possibile, e se non ci fossero stati i 101, chissà che cosa sarebbe potuto accadere, chissà).

Nessuno sembra pensarla come Ezio Mauro:

Un’Italia compiacente e intimidita si chiede che cosa succederà adesso, dopo la sentenza sul caso Ruby del Tribunale di Milano che condanna in primo grado Silvio Berlusconi a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nessuno si pone la vera domanda: cos’è successo prima, per arrivare ad una sentenza di questo genere? Cos’è accaduto davvero negli ultimi vent’anni in questo sciagurato Paese, nell’ombra di un potere smisurato e fuori da ogni controllo, che concepiva se stesso come onnipotente ed eterno? E com’è potuto accadere, tutto ciò, in mezzo all’Europa e agli anni Duemila?

Nessuno sembra voler fare propria l’opinione di Marcello Sorgi sulla fine della Seconda Repubblica (che non c’è stata, o che lascerà poche tracce di sé):

La sentenza con cui il tribunale di Milano ha condannato Berlusconi a sette anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici segna insieme la fine dell’avventura politica del Cavaliere, e più in generale quella della Seconda Repubblica, di cui per altro l’ex-Presidente del consiglio è stato l’uomo simbolo, come Andreotti lo era della Prima. In passato, anche in tempi recenti (si pensi alle elezioni politiche del 24 febbraio), Berlusconi ci ha abituato ad improvvise cadute e a subitanee resurrezioni. Ma stavolta è peggio di tutte le altre, come lui stesso sa o incomincia a capire, anche se ieri ha preferito negarlo nella prima reazione ufficiale. Vent’anni fa, quando Craxi fu colpito dal primo avviso di garanzia, non tutti scommettevano sul suo declino.

Questione di punti di vista, come già per i mesi precedenti.

C’è chi nel centrosinistra (o in quello che ne rimane) pensa che si possa passare sopra a tutto quanto, in ragione della governabilità.

C’è chi dice che tutto sommato lo sapevamo anche prima che Berlusconi sarebbe stato condannato (che cosa volete che sia).

C’è chi sostiene che la politica sia un’altra cosa, anche se si fatica a capire quale.

C’è chi ritiene che il governo debba andare avanti, per sempre, perché è giusto così, qualsiasi cosa accada.

C’è chi giura che oggi Berlusconi chiederà a Letta di avviare la riforma della giustizia (la sua) e che anche questo faccia parte del gioco.

C’è chi non si impensierisce più di tanto, perché queste basse vicende non ci devono far dimenticare che gli obiettivi sono alti, anche se si fa fatica a definirli, a scorgerli, forse perché sono così alti che si sottraggono alla vista.

E chi no. Chi pensa che tutto quello che accade sia sempre di più un pasticcio, e che sì, lo sapevamo, e che avremmo dovuto tenere più basso il profilo politico di questo governo, non parlare di Moro e Berlinguer quando in tv scorrono le immagini della Santanchè che attacca la magistratura, non fidarsi dell’alleato meno affidabile della storia dell’umanità, che non ne verremo fuori granché bene se non ci porremo il problema, che ci sono troppe cose che ci dividono dal Pdl (perché ci dividono, vero?) per fare un governo enciclopedico con i suoi esponenti, che la legge elettorale avremmo dovuto averla già fatta (altro che storie), che i diciotto mesi delle riforme sono un azzardo, che insomma ci dovevamo pensare meglio prima e, soprattutto, che non fosse il caso di appassionarsi a una soluzione del genere.

C’è chi pensa che dobbiamo fare il punto, e stabilire dove siamo e dove stiamo andando. E che far finta di niente sia soltanto uno stupido, pericoloso inganno.

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