Post definitivo (almeno per me) sul gossip Pd-M5S. Mi dicono che anche Becchi – che non ho il piacere di conoscere – mi accusa di scouting nei confronti dei parlamentari del M5S. Scouting, come sapete, è l’espressione (infelice) di Bersani, che in campagna elettorale introdusse il termine quando pensava di vincere le elezioni e di allargare la maggioranza ai talenti eletti dal movimento di Grillo. Da allora, se prendi un caffè con un collega, o lo incontri in ascensore o al guardaroba, stai facendo scouting.

Vorrei chiarire alcune cosette di una qualche importanza.

La prima, sono mesi che ripeto che nelle settimane decisive (che sono passate, chiaro?) il Pd avrebbe dovuto parlare con Grillo. Direttamente. E Grillo avrebbe dovuto manifestarsi, perché quando prendi il 25% dei voti, sulla spinta dell’indignazione, del disagio e del progetto del cambiamento, devi cercare di cambiare. Non travestirti sulla spiaggia, andare avanti con le intemerate, fare lo spiritoso con tutto e tutti, compresi gli amici, compresi i parlamentari che hai contribuito ad eleggere. Questa è una mia opinione, certamente, ma non è solo mia. E ho l’impressione che siano in molti a condividerla.

La seconda è che i parlamentari del M5S sono parlamentari come gli altri: tutto questo paternalismo, neanche si trattasse di ragazzi delle medie in gita, da parte dei commentatori più autorevoli (e anche dei leader più o meno occulti del M5S), non va bene. Se due parlamentari si parlano, è un bene. E rientra nella categoria del confronto, non della campagna acquisti.

A proposito della campagna acquisti, faccio notare – punto tre – che si tratta di una campagna cessioni, piuttosto. Una campagna avviata dallo stesso Grillo, con i suoi strali e anche – più banalmente – con il suo ritmo di strappi quotidiani, di dichiarazioni al fulmicotone, di scatole di tonno, tombe maleodoranti e attacchi alieni.

Ho spesso rimproverato ai miei leader di essere pachidermici (non pensare all’elefante, soprattutto quando l’elefante sei tu), ma stare dietro a Grillo per un gruppo parlamentare non è semplicissimo. Se poi Grillo attacca Rodotà, dopo che i parlamentari del M5S ne hanno fatto una bandiera, è un po’ complicato spiegare che sono loro che non capiscono. Perché non lo capisce proprio nessuno.

La quarta, che mi riguarda, è che i colloqui con i parlamentari del M5S, che a un certo punto sono stato tra i pochi ad avere (ricordate il Soldato Ryan?), sono nati quando stavamo cercando di fare il governo del cambiamento ed eleggere un Presidente della Repubblica del cambiamento (nel senso di un Presidente della Repubblica che non fosse lo stesso di prima, e ispirato allo schema che negava, di fatto, il governo del cambiamento). Allora ci siamo conosciuti, ci siamo delusi a vicenda, ci siamo intristiti e non abbiamo mai smesso, però, di pensare che sarebbe stata meglio un’altra cosa. Tra Pd, Sel e M5S, sì. Sai che strano.

Non capisco che cosa ci sia di malizioso, di criptico, di spregevole in tutto questo. E se qualcuno ha deciso che si può fare a meno dei propri parlamentari, non accusi gli altri. E le loro vite (le vite degli altri, appunto). Prenda in considerazione l’ipotesi che le persone hanno una dignità, un pensiero libero (soprattutto se eletti con l’imperativo di individuare tutte le contraddizioni del sistema, guarda caso) e si muovono sulla base di un mandato che li ha portati a rappresentare un Paese intero (così dice la Costituzione e anche il buon senso).

Con loro, nonostante mille articoli facciano pensare il contrario, non mi sono mai incontrato a cena o in case private. Al massimo mi sono incontrato nella casa comune, quel Parlamento che dovremmo venerare e riempire di contenuti e di entusiasmo (come ripeto da quando il M5S voleva avviare le commissioni, ricordate, e il Pd non era d’accordo, purtroppo ma non per caso). E penso che tutto questo clima contribuisca a rafforzare quell’altro, che era più «morto» (cit.) degli altri ed è al governo. E se la gode. E magari sì, sta pensando di fare scouting, con i suoi metodi, già noti alle cronache.

Tutti gli altri, non fanno scouting, fanno politica. E mi rendo conto che un parlamentare, per chi propaganda la democrazia diretta, senza filtri, direttamente da Facebook, sia un problema di per sé (ontologicamente, direi), ma i parlamentari quello devono fare. Parlarsi, confrontarsi e cercare di capire se esiste qualcosa di meglio. Esattamente quello che sto facendo e che stanno facendo altri, nelle due Camere.

E se Grillo avesse voglia, finalmente, mi piacerebbe fare un po’ di scouting (scherzo) con lui, e parlarne faccia a faccia, per me sarebbe molto interessante: perché non averlo voluto fare prima (e non sono stato certo io a non volerlo) è stato un errore. Di quelli epocali.

Com’è un errore, purtroppo, continuare a dire che fare così significa inseguire il M5S, come ripetono i polli da batteria del Pd. Perché personalmente ‘inseguo’ solo un sogno di cambiamento (parola non mia, di cui si è fin troppo abusato, per poi non cambiare nulla). E non lo faccio da ora, ma da quando gli strateghi che ora mi rimproverano continuavano a snobbare quella ‘cosa’ che è in Parlamento con gli stessi voti che abbiamo preso noi. Loro inseguivano (senza virgolette) Casini e Monti, per dire. Li abbiamo stremati, a furia di inseguirli.

P.S.: il teorico dello spezzatino (un governo con un po’ di parlamentari di Grillo e un po’ di Lega a piacere) non ero io. Non mi sono mai (mai) augurato divisioni del M5S o di altri: personalmente, proponevo il piano C, che è stato sconfitto, dai 101 e non solo. Anche da una certa ottusità del Pd. Tutto questo è passato, speriamo solo di non dimenticarlo troppo in fretta.

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