Fabrizio Barca per me potrebbe fare il premier o il segretario o il presidente del Pd. Anzi, secondo me, almeno la prima di queste tre cose, avrebbe potuto farla già, ma si sa dove siamo andati a parare. E lo penso da almeno un annetto, quando di Barca non parlava nessuno. E mi sarebbe piaciuto che fosse il suo, il nome del governo del cambiamento. Latte versato (a favore di una miscela a lunga conservazione, diciamo così).

Ora, non so che cosa deciderà di fare esattamente, anche se ormai sembra chiaro che Barca intenda mettere a disposizione di tutto il Pd il proprio contributo (che stiamo commentando in modo appassionato anche in questa sede).

E allora quello che si potrebbe immaginare fin da ora è che Barca possa diventare il presidente di una fondazione del Pd. Così come la Friedrich Ebert Stiftung dei socialdemocratici tedeschi. Un luogo autonomo rispetto alla stessa segreteria del partito, con un proprio profilo, un proprio bilancio, una propria autonomia.

Non la fondazione di questo o quel leader, come è successo in questi anni, in un processo che ha istituzionalizzato e cristallizzato le correnti (permettendo ambiti di finanziamento per le proprie iniziative politiche e, troppo spesso, elettorali), ognuno con le proprie cerchie (concentriche, verso se stesso): no, una fondazione di tutto il partito, che abbia il compito di lavorare sulle questioni di fondo, promuovere la formazione del partito, offrirgli la possibilità di una visione che deve maturare attraverso un lungo e approfondito lavoro, che non si può risolvere a colpi di interviste.

Nel nuovo Pd, un pezzo notevole potrebbe essere rappresentato proprio da una sede del genere, autonoma e libera, libera anche di sottrarsi alla dichiarazione quotidiana, per costruire un futuro diverso.

Fabrizio, pensaci. E noi altri, pensiamoci.

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