Del documento di Barca abbiamo parlato più volte (qui, qui, qui e ancora qui, con un’interlocuzione pubblica direttamente con l’estensore).

L’ultima riflessione, che muove dal testo e dalla sua presentazione, ieri, all’ambasciata del Regno Unito a Roma (e da tante altre cose lette e sentite in questi giorni, a proposito del ‘BarcaTour’ in giro per i circoli), è dedicata a due aspetti che trovo molto importanti (non da ora: ne scrissi molto tempo fa, in occasione del Congresso precedente, in Nostalgia del futuro).

Il primo riguarda la questione a cui Barca ci sollecita, perché si affermi una consuetudine diversa nelle relazioni tra i diversi livelli del Pd, non solo in senso verticale (e piramidale), ma anche in uno scambio orizzontale, che metta in comunicazione le sedi del partito non solo per ragioni territoriali. Sembra incredibile, ma il Pd funziona ancora provincia per provincia, con una struttura federale che spesso lo è solo per via di una filiera centralistica che si diffonde, come se fossimo tante matrioske. E se la rete da sola non basta – come si sente ripetere in tutte le conversazioni (che spesso si riferiscono a Grillo, come se il web lo avesse inventato lui) – la logica della rete si deve imporre nelle relazioni interne di un partito del Tremila.

Il secondo, strettamente legato al precedente, è che il documento di Barca ci riporta a una discussione alla pari, dentro e fuori, teoria e prassi, che mancava da tempo nel dibattito del centrosinistra. E credo che questo non possa che fare bene, al partito. Che un uomo di governo scriva con le cautele e l’umiltà necessaria a chi nel partito c’è da tempo (o da sempre). Che si apra al confronto per far emergere le buone idee e le buone pratiche (e mi viene in mente che fino a qualche anno fa il Psoe aveva una banca dati delle buone pratiche, che forse dovremmo pensare di importare). Che vi sia un dibattito che prescinda dalle convenienze di questo o di quello, ci dice che è possibile superare la logica per cui ciascuno parla ai ‘propri’, senza la possibilità che ci sia un movimento trasversale, tra le correnti (anche dette, con mirabile eufemismo, sensibilità).

La ricerca, insomma, invita al confronto. E all’individuazione della soluzione dei problemi, sulla base di uno schema libero e curioso del meglio, che è il primo punto da recuperare se vogliamo ripartire, prendendo la rincorsa sotto il profilo dei contenuti e delle strategie organizzative. Perché vogliamo ripartire, giusto?

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