Il Pd al Senato ha già designato i propri membri delle commissioni permanenti.

Alla Camera deve fare la stessa cosa.

Subito dopo, deve convocare i propri deputati e senatori, commissione per commissione, per condividere le proposte di legge e le priorità che si intendono portare all’attenzione degli altri gruppi parlamentari e degli elettori.

Contemporaneamente, deve dare mandato ai propri capigruppo di sollecitare la convocazione delle commissioni presso la presidenza di Camera e Senato.

Pare che il Pdl si opponga e che non voglia procedere: a riprova del fatto che qualcuno che gioca allo sfascio c’è e che noi certo non possiamo allinearci con una posizione del genere.

L’obiezione della mancanza di maggioranza e minoranza non ha alcun senso alla Camera, dove la maggioranza c’è (a meno ovviamente che il Pd non intenda spaccarsi in queste ore) e al Senato si può aggirare la questione con un accordo tra gentiluomini: ove si formasse una maggioranza, chi assume la presidenza deve dichiararsi pronto a mettere in discussione il proprio mandato. Non mi pare che il M5S possa sottrarsi a questo impegno e se il Pdl non dovesse essere d’accordo, peggio per il Pdl.

Se vogliamo formare un governo, a maggior ragione dobbiamo far funzionare il Parlamento. Se continuiamo con soluzioni speciali e d’emergenza, invece, rafforziamo la tesi che si tratti di una situazione irrisolvibile. Spero sia chiaro a tutti, anche a chi nel Pd usa questo argomento alla rovescia. Senza rendersi conto che così si rovescia (appunto) tutto quanto.

P.S.: questo è il mio ultimo post sull’argomento. Ne scrivo da una settimana (ho iniziato qui, poi ci sono ritornato qui, qui e ancora qui), ho contribuito a raccogliere le adesioni della corrente mobile e di tutte le altre sensibilità del Pd. Credo che il Pd abbia tutti gli elementi per decidere, domani, in occasione della riunione del gruppo. Prima che qualcuno lo faccia, prima di noi. E al posto nostro.
P.S./2: Felice Casson mi scrive segnalandomi che la formazione delle commissioni ha preceduto in 9 casi su 17 legislature la fiducia al governo. In alcuni casi solo l’ha preceduta per pochi giorni, in altri per un mese. Per citare i casi più significativi (andando a ritroso): nel 1992, 15 giorni prima; nel 1979, 25 giorni prima; nel 1976, 9 giorni prima; nel 1953, un mese prima; nel 1948, 15 giorni prima.

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