Tutti dicono #opencamera e #opencamera sia.

Le cose sono andate così, almeno per me. Ieri mattina, di fronte alla situazione di impasse che si respirava (forse per via delle ripetute schede bianche e delle conseguenti fumate nere), con molti colleghi del Pd ci siamo detti che ci saremmo incartati, come si suol dire in questi casi. E allora, come tanti altri, mi sono messo a ragionare, non solo con i colleghi ma anche con chi da casa mandava segnali non proprio generosi verso quello che stavamo facendo. E ho iniziato a parlarne con altri, tra Camera e Senato.

A un certo punto, intorno all’ora di pranzo, Dario Franceschini (che era seduto dietro di me), mi chiede: «come la vedi?». Gli rispondo, «caro Dario, dobbiamo cambiare prospettiva». Non era proprio facile dirgli così, eh, perché il più accreditato dei candidati era proprio lui. Gli ho illustrato quanto avrei scritto, qualche ora dopo, nel post di un deputato qualsiasi, che trovate qui sotto, a proposito di una proposta che rovesciasse tutto quanto, che non si limitasse a indicare «uno nuovo del Pd» alla Camera, ma che provasse a dare una soluzione diversa, partendo dalle qualità del Parlamento (di questo Parlamento). Questa mattina, ai giornalisti, Franceschini avrebbe poi detto che aveva cambiato idea leggendo un mio tweet.

Dopo pochi minuti, dal Senato mi arriva – da parte di una senatrice del Pd – la notizia che se il candidato del Pd fosse stato diverso da quello di cui si parlava, ci sarebbe stata la possibilità di aprire una discussione con i rappresentanti del M5S. Si è discusso di Grasso e abbiamo verificato questa possibilità, poi tutto è sembrato irrigidirsi nuovamente, anche se il dibattito all’interno del M5S oggi pomeriggio conferma che ci fosse qualche differenziazione al loro interno. Come sempre, di tutto questo avevo informato i vertici del Pd (in particolare con Enrico Letta, in quel momento).

Alla sera non ho partecipato ad alcuna trattativa (non avendo alcun incarico se non la buona volontà), e ho mandato un solo sms al segretario del Pd, ma pochi minuti prima di andare via dalla Camera, un collega del Pd che condivideva le preoccupazioni che avete letto mi ha parlato dell’ipotesi Boldrini, che proveniva anche da alcuni esponenti di Sel (com’era ovvio che fosse). A quel punto, e contestualmente alla chiusura di Scelta Civica (sull’apertissima posizione di «o Monti o niente»), abbiamo iniziato a discuterne più concretamente. La soluzione Boldrini era affascinante per i tanti motivi che gli italiani hanno scoperto ascoltandola, ma l’idea – fino a ieri sera – non era esclusiva, perché l’intenzione del Pd era quella di tenere aperto il ‘campo’ il più possibile.

L’intuizione di proporre due figure autorevoli, capaci di offrire segnali di cambiamento agli elettori di tutte (o quasi) le sensibilità, non ‘riducibili’ ai gruppi dirigenti dei partiti e in grado di rappresentare tutto il Parlamento (a prescindere dal fatto che avessero i voti di tutto il Parlamento) nella notte ha raccolto molte adesioni fino a diventare la posizione ufficiale del Pd e delle altre forze della coalizione elettorale.

Come sempre, in questi casi, non è l’idea di una persona soltanto: diciamo che sono molto soddisfatto di come siano andate le cose, contento di averne parlato subito anche con i diretti interessati e di avere vissuto il giorno più felice per il centrosinistra da un po’ di tempo a questa parte.

Aggiornamento delle 18.40: il fatto che qualcuno, tra i senatori del M5S, abbia votato Grasso, conferma la fondatezza della proposta. Per l’oggi e per il domani. Perché Boldrini è molto cool, ma la partita più complessa era ed è al Senato, come sanno tutti.

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