La politica non deve celebrare in modo retorico le buone pratiche: deve consentire che le scelte amministrative a livello locale entrino a far parte dell’agenda politica a livello nazionale, trovino corrispondenza nell’azione legislativa e un contesto favorevole per diffondersi. Siano insomma messe a disposizione di un ambito più ampio e più rappresentativo.

Per troppo tempo in Italia le buone pratiche sono state interpretate come una sorta di genere letterario, che la politica ha preso in considerazione solo fino ad un certo punto (e precisamente fino al punto in cui le buone pratiche avrebbero potuto trasformarsi in buone politiche). Molto spesso sono state considerate eccezioni-che-confermano-la-regola, corvi bianchi in un panorama in cui il luogo comune e il realismo hanno continuato ad imporsi incontrastati.

Il Pd deve diventare lo strumento politico che lega e collega questi ambiti, per dare loro una prospettiva di valore politico generale.

L’Italia potrebbe essere come Capannori, dove sono stato qualche giorno fa e dove gli amministratori che fanno una politica per i rifiuti molto efficiente – in un Comune oltretutto più grande della media (quasi cinquantamila abitanti) e molto diffuso territorialmente – non dovrebbero essere considerati straordinari, ma solo precursori di un nuovo modo di intendere l’amministrazione. Se l’Italia fosse così, se ci fossero delle leggi che si ispirano a questi modelli, se l’esperienza amministrativa di una cittadina come questa diventasse messaggi politici, l’Italia sarebbe un po’ meglio di com’è. E anche la sua politica se ne gioverebbe.

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