Prendo a prestito un titolo caro a Luca Sofri, per dirvi che non mi stanno molto piacendo le versioni di primarie che stanno girando in queste ore. Perché non c’è tempo, perché fa freddo, perché non abbiamo avuto modo di vedere la bozza di Civati e di Vassallo, perché alle primarie si possono sostituire, come ha ripetuto un’esponente del Pd in tv, qualche minuto fa, «ampie forme di consultazione».

E no, mie care e miei cari, non è così che ci siamo detti in assemblea nazionale. La versione «ampie forme di consultazione» è un po’ datata, e risale a più di un anno fa, quando intervennero i segretari regionali per mitigare il senso del nostro primo ordine del giorno dedicato all’argomento.

Da gennaio di quest’anno, Bersani sul palco si è impegnato a promuovere primarie per i parlamentari. Non consultazioni. Né ampie, né strette, né così così. Che mi viene in mente quando, per scherzo, si chiamavano «cossuttazioni», perché – secondo la leggenda – le faceva Cossutta, ascoltando tutti i dirigenti più influenti, e poi tirando (lui) le somme. E le candidature.

Se si vogliono fare le primarie, si fanno le primarie (le #primarieparlamentari).

Se non si vogliono fare, si fanno «ampie formule di consultazione». Che sono un’altra cosa. E magari chiamiamole in inglese, tipo consultation, così la sensazione di essere presi in giro è completa.

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