Il prossimo presidente della Regione salirà a bordo di una macchina, quella dell’Expo, ormai in pienissima corsa. Una corsa obbligata, tra l’altro, visto che dopo i ritardi iniziali ora anche soltanto un intoppo sulla tabella di marcia metterebbe a rischio la possibilità di arrivare in tempo all’appuntamento con il 2015.

A marzo 2013 mancheranno poco più di due anni all’inaugurazione del 1 maggio 2015.

La Regione, com’è noto, ha un ruolo fondamentale: partecipa al 20% della società di gestione, insieme al Comune e ad Arexpo e guida il Tavolo Lombardia sulle infrastrutture.

Parto da queste ultime: gli anni di propaganda di Formigoni hanno oscurato i ritardi nella realizzazione dei collegamenti e delle altre opere al servizio di Expo (talmente ‘grandi’ che non si sono viste). Anche in questo caso si è messo sotto il cappello Expo un lungo elenco di infrastrutture che non hanno a che fare direttamente con Expo, senza un ordine chiaro di priorità e di impegni.

Per non trovarsi con i soliti cantieri aperti all’infinito – anche quando arriveranno i visitatori, che si appassioneranno certamente alla visita – sarebbe bene promuovere un’«operazione verità».

Il 2013, sul sito, sarà l’anno di maggior attività per il cantiere. Al primo punto ci dovrà essere la sicurezza: sul luogo di lavoro per gli operai (probabilmente si lavorerà a ciclo continuo per recuperare il tempo perduto) e naturalmente per quanto riguarda le infiltrazioni della criminalità.

Una nota non marginale riguarda Infrastrutture Lombarde, la società regionale che svolge un ruolo strategico anche per quanto riguarda Expo. La stazione appaltante è Expo Spa, ma Infrastrutture Lombarde fornisce assistenza per la preparazione di tutte le gare e, già per il maxi-appalto della piastra, segue la direzione lavori.

Va posta attenzione anche alle possibili varianti che potrebbero essere chieste (l’appalto piastra è stato aggiudicato con un mega ribasso di 100 milioni). Chi ha vinto la prima gara, quella per ripulire il sito (rimozione interferenze) anche in questo caso con un ribasso di oltre il 40% (da 90 milioni di base d’asta a 58), ne ha già chiesta una da 30 milioni.

Per quanto riguarda i contenuti, dopo anni di protagonismo assoluto di Formigoni, è arrivato il momento di affrontarli in modo serio e concreto, perché lo spirito di Expo non solo non si perda, ma si realizzi, una buona volta, in un messaggio coerente con le finalità per le quali è stata promossa.

Infine, la questione delle questioni: il dopo Expo. Passa anche da qui la riuscita di un evento come questo che dovrebbe aiutare una città e una regione a migliorare (vedi esempio di Barcellona olimpica) a darsi una nuova identità, a far crescere le opportunità di lavoro o di qualità della vita per la cittadinanza.

Dopo tre anni di guerriglia e di perdite di tempo è nata Arexpo. Il peccato originale di Expo (aver pensato di realizzare un evento pubblico su terreni privati che poi sarebbero tornati ai proprietari con corposissimi indici volumetrici) è stato sanato così, ma a caro prezzo.

Quei terreni, come da noi denunciato nella precedente legislatura erano agricoli: la parte della Fiera e la quota Cabassi (quasi il totale) potevano valere non più di 20-25 milioni. Oggi, tutto il milione di metri quadrati ne vale 182. Gli enti pubblici hanno versato soldi per acquistarli e, nel piano finanziario, prevedono di ricavare dopo il 2015 più di trecento milioni. Andranno più o meno a pareggiare i conti. Gli enti pubblici, però, non hanno ancora deciso cosa resterà e cosa verrà costruito. Negli anni si è parlato di tutto: Cittadelle della giustizia, la Rai, lo stadio dell’Inter, per Formigoni anche un quartiere di case e negozi.

Si tratta di scegliere una destinazione pubblica forte. I soldi pubblici che verranno investiti su Expo sono 1,3 miliardi, non certo pochi ai tempi della crisi. Si è promesso – e così dicono anche i vari accordi di programma – che la metà dovrà essere destinata a parco. Ma come si fa a mantenere la promessa se bisogna rientrare dei fondi spesi per acquistare le aree? Chi, con la bolla immobiliare scoppiata da un po’, prenderà in mano e punterà su quelle aree?

Da una parte ancora c’è il pericolo speculazione, dall’altro il fallimento. E le solite cattedrali nel deserto simbolo dell’abbandono dei grandi eventi. Per altro, la storia delle altre Expo europee, da Siviglia ad Hannover, dimostra che l’eredità delle esposizioni è sempre difficile da gestire. Ed è per questo che al dopo è il caso di pensarci prima.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti