Come sapete, in queste settimane, mi sono tenuto terzo (escluso), non ho ‘endorsato’ alcun candidato, né mi sono iscritto ad alcun comitato elettorale all’inizio della campagna. E non mi sembra serio, né influente farlo ora. E se non l’ho fatto per convenienza prima, non lo faccio per convenienza ora.

Mi sono personalmente confrontato con tutti i candidati del Pd, ho incontrato Tabacci prima dell’inizio della campagna elettorale e salutato Vendola come un alleato per noi importante.

Ho avuto l’impressione che tutti i candidati in campo migliorassero, ogni giorno di più, precisando la loro proposta politica. Mi sono felicitato per il buon esito del confronto su Sky, ho detto le cose che mi sono più piaciute.

Mi è stato chiesto, da alcuni, di non partecipare alla competizione per non dividere «il fronte del rinnovamento» e così è stato.

Siccome qualche commentatore (incredibilmente) ancora se lo chiede, ricordo che è da due anni che non partecipo al progetto di cambiamento di Matteo Renzi, perché non ne condivido molti aspetti (e lui non ne condivide molti dei miei, sia chiaro). E non si tratta di motivi personali, ma motivi politici dichiarati, riguardo alla scelta dei toni e degli argomenti (che hanno cambiato spesso d’accento, diciamo così, negli ultimi tempi), nonché alla relazione con il partito, il più grande motivo di differenza tra noi. Lo dico rispettando il senso della sua sfida e il talento che ha profuso in questa campagna, e sapendo che il Pd dovrà tenerne conto, paradossalmente in misura maggiore se la sua candidatura non dovesse andare a buon fine.

Da altri, invece, mi è stato chiesto di riconoscermi nel lavoro del segretario, dato per favorito da tutti i sondaggi, con una tendenza crescente. E di riconoscere i suoi passi avanti rispetto alla situazione da cui eravamo partiti. Cosa che ho fatto volentieri, anche perché rispondeva a esigenze di apertura da me espresse molte volte, in passato. Senza averne alcun riconoscimento, ma non è importante che le ‘cose’ ti siano attribuite, è importante che le ‘cose’ in cui credi succedano.

E, a proposito di esprimere una candidatura ulteriore a quelle già in campo, come ho spiegato un mese fa, ho pensato che tre candidati per il Pd fossero sufficienti.

Dopo avere sostenuto con forza (e disinteressatamente) il valore politico delle primarie a giugno (in direzione, quando lo proponemmo, eravamo una manciata di delegati, prima che Bersani si candidasse attraverso le primarie, raccogliendo la sfida di Renzi) e dopo avere chiesto che le regole e la data fossero definite a luglio (e non ad ottobre, perché non è stato serio) e che non ci fossero alcune cose che purtroppo ci sono, dal punto di vista burocratico, ho promosso insieme a molti altri il dibattito in queste settimane, ho posto alcune domande con la rete di Prossima Italia (che si è divisa tra i tre candidati del Pd, e qualcuno voterà anche Vendola, perché non è una corrente, ma una rete, appunto), ho rilanciato alcuni temi fondamentali (che trovate su OccupyPrimarie.it), che riguardano la partecipazione degli iscritti e la scelta dei parlamentari affidata agli elettori (finalmente). E ho atteso risposte che in alcuni casi sono arrivate, in altri – purtroppo – no.

Chiunque vinca, avrà il mio appoggio. E sarò felice di lavorare, con umiltà, il giorno dopo, per vincere le elezioni. E per dare fisionomia a un partito in cui si riconoscano, su basi nuove, tutte le parti in causa. Perché i milioni di elettori che si recheranno ai seggi se lo meritano.

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