Innanzitutto, che le primarie si facciano, e che nonostante due mesi di dibattito sulle regole, e qualche burocrazia di troppo, si configurino ancora una grande occasione di partecipazione politica e di promozione del centrosinistra. Chi le ha avversate tout court, ha sbagliato. E bene ha fatto Bersani, nonostante gli consigliassero il contrario, ad accettare la sfida, per dare più forza alla politica, in un tempo in cui quasi tutti auspicano soluzioni fuori dalla politica.

In secondo luogo, che le #primarieparlamentari siano diventate un impegno di entrambi i candidati maggiori (nonostante qualche scivolone circa la scelta degli amici di cui si è letto in queste ore). Bersani lo aveva già detto a gennaio, come ricorderete, ma mi pare che oggi sia più chiara la sua presa di posizione, anche perché quelli che allora si dicevano contrari, hanno cambiato idea (e son cose).

Terzo, che ci sia stato un riconoscimento reciproco tra i candidati, che è mancato per molte settimane, soprattutto tra Renzi e Vendola. Mi auguro che il secondo, dopo le primarie, decida – come qualcuno sostiene da un po’ di tempo – di entrare nel Pd.

Quarto, che alcune nostre proposte, come la patrimoniale per abbassare le tasse, elaborata da Filippo Taddei, siano entrate nel programma di Bersani. Su altre, come la parità matrimoniale, i distinguo continuano a essere molti, anzi, troppi da parte di quasi tutti (Vendola fa eccezione, ovviamente).

Quinto, che sulle alleanze, le nostre cautele verso l’Udc e in generale verso chi ha sostenuto Berlusconi in questi vent’anni, da molti considerate ‘primitive’ quando le abbiamo poste, siano diventate patrimonio comune di più o meno tutto il centrosinistra. E anche chi minimizzava la questione delle alleanze, si è dovuto progressivamente ricredere.

Sesto, che questa sia una prova di maturità del Pd, un confronto trasparente tra opzioni diverse, che certo poteva essere più approfondito (da una parte c’è Ichino nel senso di Ichino, dall’altra non si capisce se ci sia Fassina o qualcosa d’altro) ma che comunque a poco a poco ha virato verso i contenuti.

Settimo, che alla fine tutti si siano dovuti esercitare sul tema del cambiamento: chi lo ha vissuto fuori dal partito e chi ha cercato di farlo “da dentro”, non può non essere soddisfatto. E non c’entrano solo le auto-rottamazioni di alcuni leader: se i dati dei sondaggi saranno confermati, l’anno prossimo, come dice Bersani con una delle sue espressioni inevitabilmente più renziane, «girerà la ruota» comunque.

Ottavo, che si è forse definitivamente capito che il Pd può essere quel partito ospitale e grande e plurale che molti auspicavano, anche se questo lo potremo valutare soltanto il giorno dopo, per la verità.

Nono, che si sono viste cose nuove, nella politica del centrosinistra. Alcune ottime, a livello di comunicazione, altre un po’ meno, ma almeno il confronto non è stato ipocrita e relegato alle segrete stanze della politica. Il ‘caminetto’ è diventato un ‘barbecue’, all’aria aperta. Un passo avanti notevole rispetto alle consuetudini a cui siamo stati a lungo abituati.

Decimo, e ultimo, che il Pd si è rafforzato, ha ritrovato centralità, ha rafforzato i propri legami con altre forze politiche. Personalmente da tempo penso che costruire il centrosinistra sia la cosa più importante e la vocazione maggioritaria del Pd passi proprio da qui. Per questo, ho apprezzato più gli slanci unitari dei messaggi divisivi, soprattutto tra il corpo del partito e gli elettori in generale. Perché la sfida è quella di avvicinare i due momenti, non di tenerli separati. Chi riuscirà a interpretare meglio questa prova, vincerà le primarie. E anche le elezioni.

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