Leggo che in Svezia si stanno ponendo una questione non di poco conto: i termovalorizzatori sono sovradimensionati e il Paese importa rifiuti da bruciare.

Si parva licet (ma fino a un certo punto perché le dimensioni sono analoghe), in Lombardia, a causa anche della tradizionale e non edificante questione dei rifiuti-di-Napoli, il Consiglio regionale ha votato la moratoria degli inceneritori e degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Alcune province, sono ancora al 40% della raccolta differenziata. E ciò non va bene, a prescindere da tutto il resto.

Oltre alla Svezia, sarebbe il caso di fare un salto a Reggio Emilia, dove Mirko Tutino, assessore provinciale all’ambiente, e la giunta del Pd hanno evitato la costruzione di un nuovo impianto di incenerimento, optando per un avanzatissimo programma di raccolta differenziata, spinta, porta-a-porta e di trattamento innovativo dei rifiuti di grande significato per una delle province più ricche e industriose del Paese.

Ne sa qualcosa chi vive e fa politica in provincia di Treviso, e lo avevo ricordato qualche tempo fa, proprio qui.

La crisi, tra le tante sfortune che essa comporta, si sta rivelando una grande occasione per ripensare il ciclo dei rifiuti, ispirarsi ad una idea diversa di riciclaggio (parola scivolosa, e in politica declinata ahinoi in un altro senso), riuso, riduzione della produzione dei rifiuti alla fonte, risparmio e lotta agli sprechi (che il rifiuto, se ci pensate, è proprio uno spreco, e invece può diventare altra cosa). L’Italia potrebbe diventare il Paese più avanzato in questo senso, creare filiere produttive alternative e occasioni di occupazione, immaginare un mondo diverso, a partire dal modo in cui le cose sono incartate. Siamo imballati da troppo tempo, e da troppo tempo ce lo ripetiamo un po’ tutti, eppure quasi nessuno ha pensato di ripartire proprio dagli imballaggi.

Ne avevamo scritto nelle 10 cose, e ora il centrosinistra ha l’occasione per dimostrarsi all’altezza delle sfide e rispondere in modo compiuto a chi in questi anni ha sollevato il problema. Senza insultarsi a vicenda, tra ‘politica’ e ‘antipolitica’, ma facendo della sana ‘antiretorica’, pragmatica ed efficiente. Della buona politica, insomma.

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