Sono due anni che faccio notare che l’avanzata del movimento Cinque Stelle nel Nord è molto forte. Che a Novara, per citare un caso soltanto, l’anno scorso, il Quarto Polo (così lo chiamai allora) superò anche il terzo. Poi il centrosinistra vinse le elezioni, perché alle Amministrative c’è il doppio turno (e ci sarà anche quest’anno, e gli strateghi avranno pensato, al solito, chissene). Ma pensate a cosa accadrebbe con le elezioni politiche. Ecco, pensateci, però, sul serio.

Ora, con la crisi della Lega, e gli altri partiti che sembrano vivere sulla luna, è facile che si passi, in Lombardia, ma non solo, dal Sole delle Alpi alle Cinque Stelle. Ne scrive oggi Curzio Maltese su Repubblica, riprendendo in modo polemico una mia considerazione, che invece è solo molto preoccupata. E un’osservazione che feci anche a Cesena, quando andai ad ascoltare Grillo, che mi pareva avere toni bossiani, quelli d’inizio carriera per capirci.

I sondaggisti parlano della possibilità che il M5S ottenga un dato a cui, al 5% su cui sembra essersi attestato dalle nostre parti, si aggiungano altri due, forse tre punti percentuali.

Il mio consiglio è di rilanciare in termini politici. Se non ora, quando? E se non qui, dove?

Di individuare subito una chiave di lettura che per il Nord è mancata. Di scegliere parole d’ordine che non siano demagogiche, ma che almeno si capiscano. Perché a volte parliamo uno strano esperanto (alla rovescia), che ci capiamo solo tra di noi. E fin dal bar sotto casa iniziano i problemi.

Quando parliamo di politica più sobria, di legalità, di consumo di suolo, di trasparenza, di scelte limpide, di tempo determinato e di misura, non intendiamo sottrarre temi a qualcuno, vorremmo che si capisse che solo così la politica può riprendersi uno spazio che ha perduto.

E che solo così può parlare di giustizia sociale, di equità fiscale, di riforme di questo o di quello. E metterci anche un po’ di modernità, se si può, perché la risposta al localismo, non è un provincialismo soft, ma è l’innovazione delle relazioni, della cooperazione e della rete. E la risposta all’usura del tempo che riguarda tutta la politica italiana, è il ricambio, dei protagonisti e delle forme e dello stile e dell’uso della parola pubblica.

Perché la risposta al rancore, è una politica più assennata e rigorosa. E precisa. E puntuale.

Perché dobbiamo decidere, una volta per tutte, se stiamo dalla parte dei «luigini» (che sono troppi, che sono dappertutto) o da quella dei «contadini» (qui è illustrata la distinzione, che viene da Carlo Levi via Gabrio Casati).

Abbiamo provato a farlo a Varese, alla fine di gennaio, a pensare nuovamente al Nord. Dobbiamo insistere. E lo deve fare tutto il centrosinistra. Tutta la politica. Perché, per l’ennesima volta, non saremmo di fronte a una vittoria della cosiddetta «antipolitica», ma ad una sconfitta della politica.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti