Tutto ha preso inizio da qui.

Ed eccoci allora a Canossa a raccontare “una politica senza precedenti”.

3 maggio 1992. Vent’anni fa. Stefano Rodotà pubblica su l’Unità un articolo in cui esorta il Pds a fare della lotta alla corruzione un “obiettivo politico preminente”. E, come ricorda nel suo ultimo libro, Elogio del moralismo, propone al partito di convocare “al più presto una sorta di assise nazionale sulla corruzione, con una larga partecipazione degli amministratori locali”.
L’assise, poi, non si fece. E fu un grave errore.

Dopo vent’anni, ci proviamo noi, nel nostro piccolo, a Canossa, invitando tutti coloro che si sono fatti carico del problema, in questi anni, appellandosi a una politica che non sempre (quasi mai) ha risposto come avrebbe dovuto.
Non è una questione morale, ma una questione politica, economica e civile. Non un fatto giudiziario, insomma, ma un fatto politico. Con un grande valore economico.

Noi vorremmo che la politica arrivasse prima e in modo autonomo rispetto all’accertamento giudiziario. Con la cultura della legalità, con la selezione del suo gruppo dirigente, con codici di autodisciplina e rigorosi meccanismi che ne garantiscano il rispetto, con l’indicazione di un tempo e di una misura, con norme più incisive, con una rendicontazione puntuale, con la trasparenza, assicurata dalle nuove tecnologie. Sempre e vita natural durante.

E sapesse cosa dire quando si scoprono cose dell’altro mondo. E sapesse tenersi lontana dai sistemi di potere. E sapesse come contenere un fenomeno. Recuperarne un quinto significherebbe recuperare un punto di Pil, più o meno. E penso che non ci possiamo più permettere di vivere così.

Ridurre la corruzione, oltre ai tanti effetti positivi che tra l’altro ci spiegherà Salvatore Tesoriero, un giovane avvocato bolognese che ha fatto quasi tutto per la manifestazione che teniamo oggi, richiamerebbe più investitori della famosa abolizione dell’art. 18. L’articolo 54 della Costituzione, quello che ci parla di disciplina e onore da parte di chi assume responsabilità pubbliche, viene prima dell’articolo 18 e deve essere posto all’inizio del dibattito che si è aperto sulla reputazione dell’Italia all’estero.

Applicandolo, quell’articolo, ridurremmo lo spread, e poi la distanza con gli standard europei, e poi la credibilità nei confronti dei cittadini e degli operatori economici. Risponderemmo alla giusta rabbia degli indignados. E sostituiremmo il clientelismo con la competenza e gli “amici degli amici” con i capaci e meritevoli, per adottare un’altra espressione costituzionale.

La Prossima Italia, quella che qualcuno intravede nella moralità pubblica a cui molte iniziative del nuovo governo sono ispirate, si costruisce così. Con una politica nuova, che non ha precedenti. Una politica senza precedenti, insomma, in tutti i sensi.

E una politica bella perché decorosa, perché è forte dove serve e consapevole dei suoi limiti quando si tratta di farsi gli affari dei cittadini e dei soggetti economici. Dotata di misura e di parole precise e chiare. Senza reticenze, senza imbarazzi, senza frasi di circostanza. Oggi, a Canossa, non ne ascolterete.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti