Dopo la fine del mondo, a grande richiesta, torna la Prima Repubblica.

Leggo Fini – l’uomo del presidenzialismo, del bipolarismo e dell’uninominale secco, senza appello – chiedersi su Repubblica se non sia il caso di rinunciare a candidato premier e coalizioni predeterminate. Un po’ come Franceschini, l’altro giorno, sulla Stampa.

E così, dopo un giro lungo vent’anni, siamo tornati là da dove eravamo partiti.

Non c’è da stupirsi. Fossi in loro, farei quello che stanno facendo. Finisce la Seconda Repubblica, e uno come Fini viene dalla Prima. E non è l’unico: c’è un’intera categoria che si deve attrezzare per far fronte all’ennesima ‘muta’. Deve inventarsi qualcosa, per superare la fine del mondo. E questo vale per tre quarti dei leader attuali della politica italiana.

Chi voterebbe un leader tradizionale, dopo la cosiddetta parentesi del Governo Monti? E allora sapete cosa si fa? Si rinuncia al leader. Chi ha la forza di immaginare due coalizioni profondamente rinnovate, con culture politiche finalmente aggiornate, che si confrontino nel merito e sulle opzioni di fondo? E allora sapete cosa si fa? Si rinuncia alle coalizioni. E Vasto non vale una Messa, perché ci sono i sempiterni moderati, che ritornano centrali. Del resto, lo sono, per certi versi. Quasi tutti.

Il 2012 è l’anno dei Maya, per molti politici di primo piano. E loro, per altro, sono gli unici politici del mondo a cui non piacciano le campagne elettorali, leader coraggiosi e determinati che preferiscono però altre soluzioni. E la soluzione c’è, è già scritta nella storia politica della nostra Repubblica. Usare Monti come macchina del tempo, e tornare indietro, senza immaginare di andare fino in fondo, e aprire una stagione davvero nuova, in cui loro non ci sarebbero più. È un fatto umano, li comprendiamo fino in fondo. E per esorcizzare la fine, tutti i mezzi sono leciti.

L’operazione tra l’altro è sofisticata, non c’è che dire. E ci dice una cosa molto chiara e forte: tutti preoccupati di inseguire il Grande centro, non ci siamo accorti che il Grande centro era alle nostre spalle. Anzi, cresceva dentro di noi. E ci ha cambiati, perché non cambiassimo.

Ma non finisce così, tranquilli, i Maya avevano altre cose da dirci, sotto il sole giaguaro. Non parlo dei loro efferati sacrifici, ma della contezza che avevano del passare del tempo.

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