Ve la dico così, perché me l'ha scritta Cristiana Alicata, questa cosa, qualche tempo fa, ed è da molto che ci rifletto. A Bologna lanciamo un'opa sul Pd. E sulla politica. Cioè, chiederemo a tutti di partecipare. Di intervenire. Di sollecitare. Di entrare nelle strutture della politica del centrosinistra dalla porta principale. Noi faremo solo quelli che la porta la tengono aperta. E si impegneranno perché ogni scelta sia compiuta nel senso della credibilità e della fiducia.

A partire dalle scelte che riguardano la democrazia, la politica, la legalità e la misura da ritrovare per restituire dignità a questo Paese.

Il 'titolo' del Pd subisce oscillazioni. Nonostante 'vendano' molto dall'altra parte, non riesce ancora ad apprezzarsi come dovrebbe. Eppure qualcosa si potrebbe fare.

Non è una tattica 'entrista' vecchio stile, quella che si propone, è una riflessione democratica: non basta più farlo da fuori. E magari contro. Può essere addirittura controproducente, appunto. Perché se si fa da fuori, poi dentro ci si arrocca. Come è capitato (troppo) spesso.

Le forme dell'opa volontaria e consensuale saranno quelle che preferite: dall'adesione, alla partecipazione alla vita del circolo, all'ingresso di gruppi organizzati o di singoli, alla partecipazione alle nostre campagne, alla promozione di iniziative comuni.

Tutto questo sarà accompagnato dalla richiesta pressante al Pd perché si faccia carico di questa situazione, perché è doloroso vederlo in altre faccende affaccendato, anche in ore così difficili. Perché, piuttosto che occuparsi di se stesso in modo maniacale, apra una stagione in cui ogni sede, ogni spazio, ogni rappresentante sia messo a disposizione di questo dialogo con la società. Non solo e non tanto con finalità meramente elettorali (anche se noi vogliamo andare a votare, anche subito), ma con obiettivi di carattere culturale e politico.

Un grande partito – perché un grande partito ci vuole – si costruisce anche così, spazzando via i politicismi, le etichette, il partito liquido e quello solido (aiuto). Molto prima di questo dibattito che ci ha sfinito, lo aveva spiegato Enrico Berlinguer:

I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi dello Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni.

Per cambiare, bisogna superare i pregiudizi tra partiti e movimenti (e viceversa). Per cambiare, bisogna dare una forma e una rappresentazione a tutta questa energia che promana dalla società civilissima. Per cambiare, bisogna dare informazione puntuale e trasparente. Per cambiare, bisogna rispondere alle domande. E aggiungerne di proprie, per capire meglio le cose. Per cambiare, bisogna cambiare.

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