Tra lo Ngorongoro e il Serengeti è iniziata la stagione delle correnti.

Pare che ci siano gli «ortodossi», i «rottamatori» e i «sinistri». Questi ultimi, saremmo noi.

Vorrei chiarire che non so di che cosa si occuperanno gli altri, nelle loro iniziative del mese di ottobre. Ma che quella a cui stiamo lavorando, Il nostro tempo, a Bologna, il 22 e 23 ottobre, non sarà né il ritrovo, né il lancio di una corrente.

E se di corrente si deve parlare, come già l'anno scorso a Firenze, si tratterà di una corrente che sgorgherà dal Pd verso la società, e viceversa, per arricchire il dibattito pubblico, nel centrosinistra e non solo. E cercare di chiarirne le posizioni, di costruire relazioni, di avvicinare le persone a una politica che ognuno di noi vive con maggiore distacco ogni giorno che passa.

Nell'epoca della rete e della condivisione, questo modo di pensare per correnti è arcaico. Piuttosto ci interessa il rapporto che vi è tra l'uno e il molteplice, e di come dall'uno si proceda all'altro, come diceva Plotino, l'unico capo corrente che, in questa fase, ci sentiamo di riconoscere.

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