Sesto post dagli Usa, mentre proseguono le indagini a Times Square.
We the people. Philadelphia. Museo della Costituzione. Alessandro da Roma giustamente si chiede come mai in Italia non ne esista uno, perché noi, forse, avremmo qualcosa da celebrare (magari con un pochino meno di retorica, perché qui esagerano sul serio). L’idea mi piace e chiamo il mio costituzionalista preferito, al di là dell’oceano, che mi dice: hanno fatto solo una mostra, non c’è alcuna sede permanente dedicata alla Costituzione. Mi chiedo a mia volta se non sia il caso di fare una proposta di questo tipo in vista del 150° anniversario dell’Unità d’Italia (anche se con questo governo sarà un successo anche soltanto riuscire a festeggiarla, l’Unità del Paese).
Qualche minuto dopo, David da Salzburg mi racconta una storiella austriaca. Il vescovo dice al duca, a proposito del popolo: «Mi impegno a tenerlo ignorante, tu però continua a tenerlo povero». Si ragiona di B (a tutti i cittadini del pianeta pare incomprensibile come possa essere votato uno così), e ci si dice che in realtà il premier italiano è solo (?!) un’esasperazione di quello che sta accadendo dappertutto ai politici e alla politica. Dice David che solo una piccola parte della popolazione legge i giornali e solo una piccola parte della piccola parte legge gli articoli di politica. Gli spiego che B questa cosa la teorizza da quindici anni. David fa una faccia così.
Philadelphia è bella, c’è un sacco di costituzione, di tolleranza, di diritti umani. I quaccheri hanno offerto al mondo un bel messaggio di civiltà e i padri costituenti non sono stati da meno (qui c’è anche il «marciapiede dei firmatari», come a Hollywood, per dire come siamo messi). Però gli attivisti della NAACP che incontriamo nel quartiere Nord ci raccontano che la questione dell’integrazione è ancora tutta da risolvere. E che benché nel 2012 più del 50% degli americani che nasceranno saranno «black, brown or yellow», i dati sulla scolarizzazione (in un senso) e della disoccupazione (nell’altro) sono ancora drammatici per chi ha la pelle «colorata».
Tornando a casa si fa shopping ovvero, nel mio caso, che sono quacchero brianzolo, si tratta si fa watching di quelli che fanno shopping. In una galleria commerciale nazional-popolare sono quasi tutti neri. Due blocchi più in là, nelle vie più eleganti, è tutto bianco o quasi. C’è da lavorare, ancora, anche a Philadelphia. Nonostante il nome. E le ottime premesse.

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