Ci si sorprende e scandalizza, giustamente, per i 5000 euro nel pacchetto di sigarette, consegnati in pieno centro da un immobiliarista a un presidente di commissione urbanistica a Milano. Una Milano da bere goccia a goccia, verrebbe da dire. Ci si sorprende troppo poco e non ci si scandalizza più, invece, per quello che accade nella campagna elettorale in corso, come già nelle precedenti. Si spendono un badalucco di soldi, in cene da migliaia di persone (tra un po’ affitteranno San Siro), manifesti oceanici, spot televisivi e radiofonici, pubblicità sui giornali a tutto spiano. Tutto formalmente legale, fino a prova contraria, e fino al momento della dichiarazione delle spese sostenute, che sembra spesso corrispondere a un decimo delle reali spese effettuate. Mi chiedo se anche questo non faccia parte di un curioso doping della politica, e non sia, al di là del dato giudiziario, proprio sbagliato sotto il profilo politico. Si può fare una campagna con qualche decina di migliaia di euro e essere eletti. Qualcuno lo ha fatto. E dovrebbe essere la normalità. Invece, tra qualche giorno assisteremo, come sempre, alla corsa del manifesto abusivo, da appiccicare sulla faccia degli altri, per sostituirli prontamente con una faccia di merda. Danni alle cose e alle persone, su cui è appena stato approvato il ‘solito’ condono, e che sono la rappresentazione più limpida di quello che definirei – tecnicamente – doping elettorale. C’è un antidoto, paradossale quanto si vuole, ma serio e rigoroso: votare i candidati che di manifesti ne mettono meno (e di soldi ne spendono pochissimi), evitando puntualmente i cialtroni che riempiono tutti i tabelloni (e anche i muri adiacenti) con la loro immagine (spesso improbabile, tra l’altro). Quelli appiccati ai muri, spesso, sono anche quelli che si trovano appiccicati a interessi e gruppi di potere. Un buon metodo per scegliere il candidato migliore: che arriva in cima, senza danneggiare gli avversari, senza mettere agli altri i bastoni tra le ruote, senza prendere ‘pastiglie’ che falsano la corsa. Dai pantani, in senso letterale, vorremmo uscire. E si tratta di una delle priorità di questo Paese, credo.

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