Il nuovo Pd non ama molto le primarie e non ci voleva un profeta per capirlo: il fastidio nei confronti delle consultazioni aperte agli elettori è emerso spesso, soprattutto dai dirigenti che il Congresso lo hanno vinto (e nonostante il successo ottenuto proprio alle primarie del 25 ottobre). Fino ad oggi, le uniche primarie che si sono svolte a livello regionale sono state quelle pugliesi, in cui il Pd nazionale e regionale ha sostenuto un candidato che ha perso per 3 a 1. Ora, però, a quanto pare, si pensa di celebrarle in fretta e furia in altre tre regioni: in Umbria (dove abbiamo abbondantemente superato il muro della comprensione e della razionalità), in Campania (dove, da un secolo, lo scontro è tra Bassolino e De Luca) e in Calabria (dove Loiero, grande sostenitore di Bersani, è sottoposto a una forte concorrenza). Primarie dell’ultimo minuto, organizzate di corsa, a pochi metri dal traguardo della presentazione delle liste, nei minuti di recupero, in articulo mortis. Potremmo chiamarle così: le supplementarie. Hanno un obiettivo preciso: quello di evitare ai nostri dirigenti e a tutti noi i “calci di rigore” (espressione, in questo caso, da intendersi in senso non metaforico).

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