L’intervento del vostro affezionatissimo all’assemblea nazionale del Pd.

Qui la nota del sito del Pd.

Qui di seguito il testo:

«A cada insulto que recibamos…», dice Zapatero, «a ogni insulto che riceviamo, noi… una proposta. A ogni polemica, un’idea. A ogni attacco personale, un sorriso». Noi abbiamo fatto così, così abbiamo voluto interpretare il Congresso del Partito democratico. Non abbiamo fatto polemiche, abbiamo ragionato, fatto un sacco di domande e anche ottenuto molte risposte. Non vogliamo cambiare, nello stile, nel metodo, rispetto alle nostre parole d’ordine. Vogliamo fare come i gattopardi, sì, ma rovesciati: non vogliamo cambiare noi, perché cambi, nel Pd e nel Paese, qualcosa. C’è un verso del nostro inno nazionale che non mi piace molto, che mi fa un po’ paura: è «stringiamci a coorte». Non vorrei che fosse interpretato da qualcuno all’interno di questo partito, perché la coorte deve essere una sola, quella di tutti. A noi non piacciono le correnti, lo abbiamo detto più volte, e certo non ne costituiremo alcuna, anche perché il nome è già occupato, come testimonia l’intervento di chi mi ha preceduto [aveva appena finito di parlare Franco Marini…]. Abbiamo fatto in questi lunghissimi mesi un lavoro insieme a voi di cui siamo orgogliosi, un lavoro di cui siamo molto soddisfatti e felici. E i ‘sottomarini’ riemergono, così, per alimentare ancora il dibattito – non perdono né il pelo, né il vizio -, per chiamare al confronto, per decidere insieme le posizioni da tenere, per tentare di fare qualcosa di buono, non per noi, ma per i cittadini che sono stati a volte un po’ poco protagonisti nel nostro Congresso. «A noi non interessa la parte, interessa il tutto», dice qualcuno [Roberto Tricarico, per la precisione], a noi interessa il contributo – piccolo, modesto – che possiamo dare, in ogni circolo, in ogni città, come ha detto Ignazio, in ciascuno dei nostri ‘territori’, a ciascuno dei nostri elettori e, siccome sono un megalomane, io penso anche al mondo intero. Perché la possibilità che ci sia anche Massimo D’Alema a rappresentare l’Italia e l’Europa nel mondo, è un fatto di grande importanza, e lo sanno soprattutto i cittadini italiani che vivono all’estero, che dal 1994 sono nel più totale imbarazzo. E, venendo velocemente ai contenuti, ci è stato ripetuto spesso: «Marino, Civati, non c’è solo la laicità». Beh, però, la laicità c’è, c’è eccome, la laicità. C’è la cultura del diritto. C’è il caso di Stefano Cucchi, in questo Paese, che voglio ricordare. E ci dicevano: «Attenti, non ci sono solo le primarie!». Vero, però le primarie ci sono eccome e soltanto ora sappiamo quanto sono importanti e ce lo hanno ricordato tre milioni di persone. E per quanto riguarda gli organismi dirigenti, noi non siamo molto appassionati. Ho una proposta: metterei un signore che si chiama Contratto, di nome, e Unico, di cognome, negli organismi dirigenti. Metterei la signora Cittadinanza, di nome, e Ai nati in Italia, di cognome. Lascerei fuori dal gruppo dirigente il Nucleare. E magari assumerei nello staff tecnico il compagno Excel, un compagno molto utile per sapere i dati delle primarie in tempo reale, per coinvolgerli, questi cittadini (tre milioni di persone!), che sono venuti a votare anche l’altra volta e ci siamo poi dimenticati gli indirizzi, conservati in una teca presso il sacro Graal, perché nessuno sapeva dove si trovavano. E vorrei riprendere una battuta celebre, quella di Catarella, un assistente che lavora presso il commissario Montalbano, ma che potrebbe essere utile anche a Pierluigi Bersani, che usa quella curiosa espressione: «di persona, personalmente». Ecco voglio un partito così, una politica che rappresenti ogni singola persona, che dia voce, che risponda alle domande, che denunci le cose che non funzionano in questo Paese. E venendo al tema che preferisco, la nostra è una "fonte rinnovabile". L’ambiente è il nostro habitat. E in questo Paese non c’è bisogno di richiamare Barack Obama. A volte è sufficiente Mercedes Bresso, ad esempio, che è stata molto capace in questi anni. E visto che siamo giustamente richiamati a una storia secolare, parto dai quattro elementi. L’acqua (l’acqua!): vogliono privatizzare anche i ghiacciai, questi signori, fermateli, fermiamoli. La terra: il consumo di suolo, più di cento ettari al giorno volano via, anche durante il nostro Congresso: fate voi i conti. L’aria: voglio che il nostro Paese sia protagonista a Copenhagen, lo chiediamo tutti. Il fuoco: no al nucleare, l’ho già detto, ma per fare tante altre cose. Perché l’ambiente è sinonimo di sviluppo, tecnologia, ricerca, partecipazione e anche cittadinanza. Perché l’identità noi la costruiamo così, rispondendo a queste domande, alle domande che ci pongono oggi i cittadini. Perché solo così l’identità riguarderà anche chi ha iniziato a votare dopo il 1989, addirittura chi è nato dopo il 1989. È un problema di rappresentanza politica, perché anche alle primarie hanno votato in pochi, al di sotto dei quarant’anni: questo è un problema politico. Eppure si tratta di una "banda larga", e uso volutamente questa espressione, una "banda larga" di persone che la politica italiana non riesce a rappresentare. E dobbiamo essere credibili, lo dobbiamo essere perché sia credibile il nostro racconto all’Italia, un racconto fatto di simboli (positivi, se si può), di buoni esempi e di parole semplici e chiare. Con più coraggio, se posso chiederlo, e un po’ meno cinismo. Perché non si disperda la ricchezza del Pd: noi tutti siamo qui per questo. Perché non si perda la pluralità, lo ha detto Bersani, e lo voglio sottolineare. Perché non si perda il senso del Partito democratico. E anche il senso della realtà: per questo ieri abbiamo voluto chiedere che una quota minima (anche solo l’1%) di quanto versato dai nostri elettori alle primarie vada a finanziare un progetto per il campus aquilano, una proposta che abbiamo avanzato durante il nostro Congresso che spero il nuovo segretario voglia riprendere. E, insomma, perché questa storia, come è stato detto, oltre ad avere un senso, abbia anche un futuro. Noi ci siamo, c’è un mondo là fuori, andiamo a prendercelo.

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