E’ il caso di dirlo, e di affiggere un’altra tesi sul portone della cattedrale del Pd. Tutti (almeno per finta) sono alla ricerca dell’Obama italiano, del leader di una nuova generazione (e di nuova generazione) che possa salvare il Pd e la politica del centrosinistra. Massimo Giannini, nel suo ultimo (bel) libro, chiede di chiudere con il Novecento, e di guardare avanti, lasciando da parte gli specchietti retrovisori che continuiamo a fissare (con l’inevitabile risultato di andare costantemente a sbattere). Sarà perché sono parecchio disilluso, ma non ci credo. Per ora abbiamo assistito ad una fila di cooptazioni, di premi al conformismo, di promozioni del miglior yes man a disposizione o del più fedele. Molto lontano dal modello Obama. Così come è lontano dallo stesso Obama e dalla vittoria democratica del 2008, oltre che poco credibile, immaginare che sia questione che riguardi soltanto il leader. Credo piuttosto che ci voglia un nuovo gruppo dirigente, che si costruisca a partire dalla battaglia delle idee, dalla costruzione di iniziativa politica, dalla promozione di nuovi temi. E che faccia vincere, prima di tutto, il partito, così come è accaduto negli Usa, dove Obama è arrivato dopo la grande vittoria del 2006. Di questo si tratta, di fare politica. Non di affidarsi ad una figura messianica, soprattutto se questa viene indicata da qualcuno che ha pensato di essere il messia per tanti, tanti anni. E ora fa il Giovanni Battista. Cooptama? No, grazie.

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