Al costo di una spremuta, trovate in libreria l’Elogio del crimine di Karl Marx, con una gustosa prefazione di Andrea Camilleri. L’editore è nottetempo. E’ una riflessione che Marx conduce partendo da Bernard de Mandeville (la cui Favola delle api è uno dei testi più citati della storia del pensiero, benché spesso a sproposito) e che Camilleri rilancia, con il contributo di Orson Welles e di una celebre scena de Il terzo uomo. Gli ingredienti, insomma, ci sono tutti. Aggiungo soltanto una chicca, tratta dal testo marxiano: "Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese. Egli preserva così questa vita dalla stagnazione e suscita quell’inquieta tensione e quella mobilità, senza la quale anche lo stimolo della concorrezza si smorzerebbe". Ciò vale anche per la crescita economica e per la scienza (e viene in mente un altro paradosso, quello del Dillinger di Paul Feyerabend: "Dillinger era senz’altro disonesto, ma difficilmente si riuscirà a mostrare che aveva un atteggiamento irrazionale riguardo al suo programma di ricerca: il crimine organizzato"). Del resto, come conclude Marx, non è "dal tempo di Adamo" che "l’albero del peccato" è "in pari tempo l’albero della conoscenza?".

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