Spazio ombelicale, aut. min. rich.
A volte, penso che ci vorrebbe, anche nella vita, la possibilità di un bis. Come per i governi. Un giorno, si radunano tutti i pensieri, si prova a metterli in fila, si chiede la loro convergenza sul testo di una mozione di indirizzo. Lo so, è strano chiedere alle emozioni di votare una mozione. Ma, a volte, è importante, forse decisivo. Dibattito acceso e voto finale. Poi, se la maggioranza non c’è, o il quorum è troppo alto, si prende e si sale sulla cima di un colle (dalle nostre parti ce ne sono tanti) e si chiede a un vecchio ed elegante signore che parla in modo forbito cosa accidenti fare. Lui convoca i tuoi amici, chi ti vuole bene e chi ti vuole male, e poi – in una conferenza stampa sobria e misurata – ti spiega se optare per il rinvio alle Camere, per un rimpasto, per il ritorno alle urne. Siccome quest’anno di elezioni ce ne sono – e per me di importantissime – preferirei che il vegliardo mi proponesse un bis. Con un allargamento dei motivi per stare bene, la focalizzazione degli obiettivi più importanti, la serenità di una pratica parlamentare meno fluttuante. Una soluzione che costringa le emozioni dissidenti a darsi una regolata (o a dimettersi, un bel giorno…).
In questi ultimi mesi, ho visto cose che voi umani conoscete perfettamente: delusioni indicibili, legami che scivolano via, paure inenarrabili e attimi non raccontabili di felicità: attimi, d’accordo, ma l’attimo è parente dell’eternità, non dimenticatelo. Adesso, vorrei un bis, qualcosa di sorprendente e di dolce, come l’aria che c’era ieri, nel tardo pomeriggio, a Milano. Vado al mio personale e privato Quirinale e vi faccio sapere se è possibile. Perché lo è, vero?

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